domenica 27 febbraio 2011

Presidente Berlusconi

Presidente Berlusconi,
Provo a spiegarle cos'è la vita di noi, cittadini comuni, alle prese con la quotidianità. Lei sparla di cose che non conosce, come la scuola...ne deve aver frequentata davvero poca, per ridicolizzarla come fa' Lei in sedute pubbliche;secondo la sua mente contorta e malata, la scuola dovrebbe occuparsi solo di nozioni, solo di date, solo di confini, solo di grammatica (ecco di questane ha fatta ben poca sia Lei che altri politici, non conoscete il comgiuntivo...). La scuola è ben altro, di nozioni e date, la scuola è vita, è passato, è presente , è futuro.
La sottoscritta che le scrive è un'insegnante che per fare la mamma a tempo pieno, ha deciso di non insegnare, perchè lo Stato è latitante da sempre nella cura dei suoi cittadini più deboli, bambini ed anziani. Ma Lei lo sa' quante famiglie si sostituiscono perennemente allo Stato tutti i giorni nella cura dei disabili, degli anziani, sono cifre da capogiro, potremmo fermare il Paese se decidessimo in massa di chiedervene conto.
Lei in altre affermazioni, dice che la scuola privata è meglio, ma meglio per chi? Per i suoi amici imprenditori, gente senza scrupolo, che per soldi potrebbe fare cose ignobili, e fra queste anche sottopagare chi lavora per loro; insegnanti affamati, che mai si sognerebbero di cantare fuori dal coro....ecco io sono fuori dal coro!
Ci ha definiti coglioni, benissimo sono una cogliona e me ne vanto, ma sono una cogliona che merita rispetto, da Lei e dall'armata brancaleone che la osanna...
Sempre pubblicamente dice no! ai matrimoni gay, come se l'amore avesse sesso, l'amore è amore e basta; certo lei non può sapere cosa è l'amore, Lei lo deve pagare....con automobili, gioielli, assegni. Lei ha bisogno di due sporcaccioni come Mora e Fede, per affrancarsi fra le lenzuola.
Lei è costretto a telefonare in Questura Milano, per far scarcerare Ruby, temendo rivelazioni piccanti sul suo conto, con una bugia banale e quanto mai sconcia, dichiarando che se non avesse telefonato si sarebbe rischiato l'incidente diplomatico.
Presidente se lo lasci dire è Lei un incidente, per questo Paese, per le pessime figure che ci fa fare all'estero, per intrattenere rapporti d'amicizia coi dittatori nord-africani, per le bugie che racconta a suoi sudditi, per la non ricostruzione del L'Aquila, per l'immobilismo, in cui ha precipitato il Paese che, di fatto è il fanalino di coda dell'Europa, per intrattenere rapporti sessuali con minorenni, per farsi chiamare Papi da una cretinetta , per trasportare con voli di stato il marciume che le gravita intorno con tanto d'accompagnamento musicale.....
Presidente quando si vede nello specchio ci faccia un piacere si sputi!
Noi abbiamo molta dignita', cosa che ne Lei ne i suoi accoliti hanno. Le donne sono una grande risorsa in questo Paese, e Lei le insudicia.

sabato 26 febbraio 2011

Ti cullerò per sempre


Ti cullero' sempre




Sono passati, anni e anni, 28 e ½ per l'esattezza.


Sono trascorsi con lentezza e dolore.


Quante notti mi sono interrogata, accusandomi di non essere stata capace di generare un figlio sano.


Quante notti ti ho vegliato, quando tu urlavi, tutto il tuo malessere ed io impotente ascoltavo il tuo grido di dolore....non sapevo come fare a rasserenarti, inebetita, il mio non lo ascoltavo!


Ti cullero' sempre.


I primi tuoi anni di vita sono trascorsi nella disperazione, alla ricerca di un miracolo che ti guarisse, poi pian piano la consapevolezza, della tua inabilità, ha aperto un varco nel mio cuore, lasciandomi sfinita ai bordi della mia esistenza.


In questi anni sono andata avanti come un robot che qualcuno aveva programmato con grandi lacune, non ti sapevo fare da mamma, non come avresti avuto bisogno tu. Ho cercato di colmare quei buchi, con tutto l'amore, ma non cura l'affetto, anzi!


Eri il mio cucciolo zoppo.


Poi è iniziato il calvario delle visite ospedaliere con ricoveri lunghissimi....che non hanno mai dato quelle risposte di cui avevo bisogno, per continuare a crederci e quindi a vivere.


La devastazione più completa è avvenuta quando ti sono comparse sporadicamente le prime crisi epilettiche.


Tu piccolina d'improvviso cacciavi un urlo agghiacciante, giravi gli occhi, sbavavi, eri lontana da me anni luce, in un altro mondo


Io cercavo con tutta me, di proteggerti da quel baratro che pareva volesse inghiottirti, io ti abbracciavo e ti cullavo cercando un tuo risveglio, che tardava sempre, i tempi si allungavano a perdita d'occhio.Stavi parecchio sospesa in quel limbo di scariche elettriche che facevano sobbalzare il tuo corpo, parevi una bambola di pezza, poi t'afflosciavi come un palloncino sgonfio nel mio grembo senza più energia.

E dormivi cosi' profondamente che temevo di non vederti più sveglia. Dormivi, dopo le crisi.

Ora non più, ti sei abituata a tutto, anche alle 25 gocce di valium che ti somministro subito appena compare “la bestia”.


Voglio rendere pubblico cio' che di più privato ho, il mio dolore di madre incompleta.


Non ho voluto altri figli. Il mio desiderio da sempre era d'un figlio solo. Ti voluta talmente tanto, che riempivi la mia vita quando ancora nuotavi dentro di me . Facendo capriole e saltelli nel mezzo della notte, che mi facevano sussultare e svegliare dovevo capirlo allora che non saresti mai stata una dormigliona.


Ho atteso discretamente tutte le fasi della tua crescita, spiavo i tuoi movimenti e il tuo progredire alla scoperta del mondo lentamente, troppo lentamente. Tutto ti faceva enorme fatica anche masticare, hai imparato a farlo grazie all'abnegazione di una terapista, come hai imparato ad asciugarti la bava che ti colava dalla bocca, col bavaglio che da sempre porti al collo. E' il tuo vezzo, e quando non lo hai lo cerchi disperatamente con la mano annaspando l'aria.

A bere ti ha insegnato il nonno, che ti cantava le canzoni di Rascel per tentare di addormentarti, che riconosci ancora....Arrivederci Roma.


Cominciavi a dire parole di senso compiuto, non stavi ancora seduta autonomamente, avevi bisogno di uno schienale semi inclinato, avevi 18 mesi, della postura eretta non c'era traccia. I medici continuavano a dirmi che il tuo era un ritardo psicomotorio grave, avevi braccia magre e ipotoniche come pure le gambe, anche se stesa sul tappetto, inarcando la schiena come un serpente giravi tutta la casa....io continuavo a spiarti, cominciavo ad avere le prime certezze e la paura di non farcela era enorme, mi sentivo inadeguata.


Poi sei regredita, un bel giorno hai smesso totalmente di parlare, non mi hai più chiamato mamma ed io ho iniziato a morire. Non hai più detto nulla per tantissimo tempo, anni che mi son sembrati secoli, urlavi e basta notte e giorno, giorno e notte.


Un pediatra mi disse che potevi avere una deficienza metabolica a carico dell'acido lattico e piruvico, era arabo per me. Ho iniziato a leggere per informarmi, per capire per aiutarti, ma ogni sforzo che facevo sfociava in un fallimento, ero proprio una madre inadeguata. Colpevole. Colpevole d'averti generato imperfetta. Mi sono condannata senz'appello, non ho portato a mia discolpa nulla.....ho accettato la gogna.


Ma non mi sono arresa, ho continuato a lottare per te, per poterti dare un futuro dignitoso. Ho consultato tanti di quegli specialisti che potrei ricevere la laurea honoris causa per il sapere scientifico, ma non m'interessa.


Il mio mondo fragile eri tu. Eri tu il mio interesse, lo sei ancora oggi, lo sarai per sempre.


Abbiamo condiviso notti, tantissime notti, e giorni di disperazione e dolore, ma anche di gioia e spensieratezza, mi sono fatta piccola ed ho giocato con te, lo faccio ancora oggi, lo abbiamo fatto stasera a cena con la pianola tra un boccone di carne e un bicchier d'acqua; ogni tanto sfioro un po' di serenita', e mi sento appagata, mi bastano briciole di vita per essere felice.


Le giornate si sfilacciano come le nubi bianche d'una giornata estiva.


Il tempo.


Non ho più molto tempo a mio favore, sono invecchiata dentro, decrepita nell'anima.


Tu gorgogli, con gridi di piacere che sembrano i garruli delle rondine che al tramonto sfrecciano veloci nel cielo, in cerca degli ultimi insetti prima del calar della sera.


La mia sera è gia' qui. E' talmente vicina che la posso palpare. L'unica cosa per non lasciarmi andare nell'oblio sei tu, che non chiedi, non lo sai fare. Come posso lasciarti come potro' farlo quando sarà suonata la mia ultima campana.


Tu sei il mio cucciolo zoppo.


Vorrei poter sapere che sai, che hai capito il mio dramma, che lo condividi. Vorrei.


Ti racconto favole rimaneggiate, piene di rumori e frasi senza senso, perchè se sei tranquilla ridi,illudendomi che capisci cosa dico. Tu ridi perchè faccio montagne di versi, che ti sono diventati familiari oramai.


Tu sei la mia favola fantastica. La storia di una bimba chiusa dentro un palloncino, sfuggita dalle mie mani con un refolo di vento. Hai cominciato a galleggiare sospesa nell'aria di un nulla familiare,dove tutti si prodigavano per riuscire di acchiapparti, e riportarti fra le mie mani , ma con leggeri voli ti allontani sempre di più. Ti allontani, ti nascondi in radure coperte di soffici muschi, non ti sento, ma so che ci sei, cadi. Di nuovo e più violente le crisi ricompaiono, tu resti impaurita e dolorante sul pavimento, un rivolo di sangue ti cola dietro l'orecchio, la tua testa si è rotta di nuovo,ti raccatto come posso, non ho più l'energia di un tempo m'accoccolo per terra accanto a te e ti cullo finchè la crisi non passa e tu resti come una bambola di pezza fra le mie braccia.


Nelle notti insonni ancora m'interrogo, con la stessa durezza di quando eri piccola, ho smesso d'accusarmi, partecipo al processo che mi fo' come parte lesa, e non più come imputata. Ho smesso di accollarmi colpe che non ho, ho smesso di puntarmi il dito contro. Ma non mi assolvo. Non riesco davvero accettare d'essere come te la preda.


La “bestia”, non dorme mai. E' sempre li, tronfia che ci spia . I medici fanno quello che è umanamente possibile, a loro non chiedo miracoli, nemmeno a Dio. Nella mia preghiera silenziosa c'è solo una richiesta, che io sopravviva a te, che sia tu la prima a dipartire, per non dover morire disperata,per non doverti lasciare.


Ho rinunciato oramai da tanto tempo di essere una persona autonoma da te, la mia vita sociale è latitante. Non condividere le paure della notte che sopraggiunge, a volte è un peso insormontabile.


Il mio orizzonte è vicino, quasi palpabile.


Un giorno al mare, quando avevo perso le speranze di vederti camminare, tu come al solito imprevedibile, ti sei alzata e sei corsa incontro all'acqua,ed io sono restata lì sospesa nello stupore.


La vita aveva ripreso con forza il suo cammino, tu eri lanciata verso nuove scoperte, anche se oramai tardive, io restavo sempre agli angoli a spiarti, per leggere nei tuoi occhi nuove paure e avventure difficili da vivere.


Ti sei rinforzata, nemmeno le malattie dei bimbi ti hanno sfiorata, eri d'acciaio. Mai un raffreddore, ne la tosse, nemmeno la febbre.


Mangiavi davvero poco, perennemente sotto peso, avevi difficoltà ad inghiottire.


Un pomeriggio di una primavera che tardava a venire ti sei addormentata, nel sonno un flebile grido,poi più nulla, nemmeno il respiro. Ti stavo perdendo, e con la forza della disperazione ti ho massaggiato il cuore e insufflato aria nei polmoni, fino a svenire, la “bestia”, aveva provocato un arresto cardiaco. La folle corsa all'ospedale, la sirena che mi bucava il cuore. Avevi gia le unghie e le labbra cianotiche ti hanno intubata, e io impotente e inebetita, stavo li' sperando di poterti ancora cullare.


La mia bambola di pezza, era la' lo sguardo sbarrato, la cannula nella gola, tutti s'affacendavano intorno a te, io restavo nel mio angolo doloroso a spiarti.


Le crisi oramai erano diventate una routine giornaliera, i farmaci non ti coprivano abbastanza, e tu cadevi sempre, ti procuravi traumi a non finire, ti sei lesionata un gomito, il ginocchio, un piede, il mento, la testa è come una cartina geografica suddivisa in Stati, ricucita più volte, negli stesi punti.

Termina con grande rammarico il periodo dell'asilo, ti ci ho fatto restare a lungo; inizia in modo travagliato l'obbligo delle elementari. Hai avuto fortuna, una maestra d'una dolcezza, preparata e consapevole, sarebbe stato un cammino difficile, ma insieme ce l'abbiamo fatta.


Poi la legge che non ammette ignoranza, ma ignora le elementari norme civili, mi costringe a mandarti alle medie, dovevi per forza uscire dalla scuola a 16 anni finire l'obbligo, insomma.


Decido che è tempo oramai di entrare all'Aias, al seminternato. Tutto quello che potevi fare, l'avevi compiuto, era tempo che tu frequentassi un posto adatto a te a tua misura, e che condividessi le tue giornate coi i tuoi simili, fra voi avreste trovato sicuramente, un modo per comunicare, dal quale io ero esclusa , ma non me ne preoccupavo.


Avevo ritrovato, un po' di tempo per me. Non sapevo come occuparlo. In tutti quegli anni che mi ero totalmente dedicata a te avevo smesso d'esistere.


Nel frattempo, sempre grazie al nonno, lavoravo....e la liberta' dal bisogno mi ha fortificata, ho deciso che il cammino seguente l'avremmo continuato da sole . Ho divorziato.


Ero sicura che prima o poi mi sarei posta la domanda fatidica, se avessi scelto con oculatezza il futuro. Ancora oggi a distanza di quasi 10 anni dico di si, la fatica è stata immensa, le responsabilità che mi sono dovuta assumere gravosissime, ma la scelta fatta allora era l'unica via d'uscita.


La”bestia”, si era insinuata anche dentro di me, non che fossi anche io epilettica, ma depressa si. Le prime avvisaglie che qualcosa si era frantumato nella mia granitica resistenza l'ho avuta, dopo la prima rapina, subita in banca. Per mesi ho avuto paura delle persone che mi camminavano alle spalle, di chi urlava senza apparente motivo. Mi si sgretolava la terra sotto i piedi e io cadevo in un limbo protetto dove non permettevo a nessuno d'entrare nemmeno al mio cucciolo zoppo.


Anni e anni di psicoterapia mi hanno restituito in parte la mia consapevolezza. Di nuovo forte, di nuovo aggressiva, una tigre ferita nell'orgoglio.


Nel tuo cammino, hai incontrato tanti ostacoli. Non comunicando ne sono nati tanti altri. Hai alzato una palizzata fra te e il mondo circostante, non sempre riesco ad entrare nel tuo fortino, non sempre me lo permetti.


Sei stata autolesionista. Ti mordevi i polsi fino a farli sanguinare, oggi ti fai sanguinare la bocca, la rabbia che ti scuote è la stessa di quando eri piccola. Adesso hai più forza. La rabbia è potente.


Comunichi con me attraverso gli sguardi. Quando hai sete, mi guardi in un certo modo, così come quando hai fame.....sei un cavallo di razza, non bisogna contraddirti. La rabbia è sempre lì pronta ad esplodere alla minima sollecitazione.


A me non consenti granchè, ti fai accudire perchè non sapresti farlo da sola, ma è l'unico momento che mi concedi. Non ti posso pettinare, lavare i denti, o il viso.....mi hai chiuso fuori. Per la cura della tua persona hai delegato altri. Io ti posso solo cullare quando la “bestia” ti assale.